Le ultime opere di Sandro Bellomo lasciano spiazzati. L’artista conduce la propria ricerca all’interno del colore, elemento che sembra quasi predominare sul segno. Qualche anno fa, a proposito dei Volti del pittore, scrissi che «i colori, rafforzano il senso di resistenza e di dolore degli individui di Bellomo verso il quotidiano, che spesso - silenziosamente e subdolamente - ci costringe a percorrere i sentieri della noia e del "già fatto"» (2002). Questa volta i protagonisti dell’esposizione olandese - insieme ai classici Volti dalle tonalità più basse rispetto ai precedenti – sono figure intere, che ricordano quasi i personaggi dei tarocchi tardo-trecenteschi . Nani che ballano, facendo il verso alla vita; personaggi da “mistero buffo” che occupano quasi per intero la composizione. Sono marionette senza fili, gesticolanti e irriverenti, capaci di comunicare solo con la linea di contorno, ora particolarmente rimarcata e quindi espressiva. Queste nuove figure di Bellomo vivono sospese; una sensazione accentuata dall’uso dello sfondo campito con un unico colore puro come il rosso (spesso accostato simultaneamente con il verde, suo complementare). L’elemento cromatico quindi impagina la scena, trasfigurandola ulteriormente. Il rosso è steso quasi in maniera arbitraria, con pennellate libere che annullano lo spazio; una libertà che coincide con la poetica delle figure: anch’esse libere da ogni vincolo.
Le ultime opere di Bellomo dicevo, lasciano spiazzati, ma consapevoli di ritrovare ancora una volta il pittore impegnato in un nuovo percorso di crescita artistica.
Febbraio 2008
Massimiliano Cesari
Sandro
Bellomo
Ancora una volta mi ritrovo vis-à-vis con la pittura di Bellomo,
ancora una volta mi confronto con i suoi Volti. Al primo incontro fui
colpito dalla forza espressiva, dai contorcimenti immobili delle facce
dell’artista, collegate tra loro da una sottile e permeabile membrana
che le rende compartecipi dei rispettivi destini. Esse infatti appartengono
allo stesso gruppo etnico, vivono tutte nella stessa enclave, e non potrebbe
essere altrimenti, visto che le distinzioni avvengono attraverso gli apparati
esterni che ognuno di noi valorizza, e non dai volti, tutti dignitosi
ed essenziali nella loro semplicità.
Ma qualcosa di inusitato qualifica i personaggi bellomiani, presentati
su un supporto ligneo di piccolo formato, quasi fossero preziose formelle
del portale di una cattedrale.
La ricerca condotta dall’artista su quella che in precedenza ebbi
a definire una “mappa biologica ed esistenziale dell’individuo”,
si concretizza con la realizzazione di nuovi ritrovati materici; il colore
assume maggiore pastosità e sembra quasi essere il fulcro dell’intera
composizione pittorica.
In realtà, è sempre il segno che valorizza e crea spessore
nella produzione di Bellomo: l’elemento coloristico è solo
la maschera delle sue rappresentazioni, potrei definirlo un epifenomeno,
che ha funzione quasi da comparsa probabilmente utilitaristica, fungendo
da piedistallo all’elemento segnico.
In queste atmosfere, le superfici dei Volti sono trattate con estrema
ricercatezza, la manualità artigiana dell’artista irrompe
sulla scena e crea effetti scultorei di rilievo e di plasticità,
che permettono all’immagine – sempre più scavata da
solchi e ricca di meandri – di collocarsi nello spazio con una propria
volumetria.
È quasi naturale che gli sfondi (belli e significativi quelli celesti)
utilizzati per l’impaginazione dei soggetti, accentuino la forza
interiore ed espressiva degli uomini cui appartengono quelle facce, assegnando
loro un silenzio religioso e una spiritualità che, se non fosse
per la mancata frontalità delle immagini, ricorderebbero le preziose
astrazioni delle icone orientali.
Bellomo ripropone nelle sue ultime opere, con rinnovato vigore, un’umanità
consapevole delle proprie debolezze, ma per questo forte e dignitosa;
la sua pittura dà volto ad eroi o a martiri - questo non fa differenza
– fuoriusciti dalla comune normalità; le pennellate scandiscono,
fissandolo, il momento chiave dell’ispirazione e dell’inasprimento
della ribellione.
I soggetti sono vivificati da uno spirito che li rende impermeabili contro
ogni forma di sopruso: essi si incuneano come avanguardia all’interno
di un sistema artistico che, attraverso movimenti impercettibili come
possono essere gli sguardi, utilizza un linguaggio espressivo fatto di
silenzi e di osservazioni insondabili. Gli uomini di Bellomo respirano
a pieni polmoni - dilatando ferocemente le narici come belve che annusano
l’aria e il pericolo - le tragedie di un’umanità solitaria
e sbandata, affiorante da un vuoto esistenziale che sgretola ogni rapporto.
L’isolamento vissuto dai suoi personaggi assume, in definitiva,
valore difensivo; non occorre muoversi vorticosamente, prodigarsi in assalti
inutili all’arma bianca contro un nemico evanescente: è più
utile costituire un punto fermo, un pilastro che sia da sostegno e da
riferimento a tutti coloro che, stanchi dello stoicismo venefico del vissuto
quotidiano, sono pronti ad osservare cinicamente, ma in rispettoso silenzio,
lo straziante spettacolo della “commedia umana”.
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